Iginia e Fabio volontari tra i bambini di Betlemme
“Al vedere la stella” è il nome del progetto strutturato dall’Azione Cattolica Italiana che da più di un anno, ogni mese, porta a Betlemme un piccolo gruppo di giovani per servire Gesù attraverso i volti e gli sguardi dei bambini disabili ed abbandonati, ospiti dell’Hogar Nino Dios. La “Casa del Dio bambino” è un’opera gestita dalla Congregazione religiosa del Verbo Incarnato che attualmente accoglie 34 bambini e ragazzi con disabilità gravi, molto spesso rifiutati o abbandonati dalle loro famiglie, le quali a loro volta vivono in condizioni difficilissime, dimenticate dal mondo, chiuse al di là di un muro.
Quando abbiamo deciso di partire non sapevamo a cosa andavamo incontro. Più si avvicinava il giorno della partenza, più aumentavano le ansie e le domande: “Saprò accudire dei bambini disabili?” “Riuscirò a comunicare con loro?”. Seguendo le indicazioni di Don Tony Drazza, assistente nazionale del Settore Giovani di A.C., abbiamo preso i nostri zaini e ci siamo affidati, abbiamo camminato con il cuore pronto a servire, seguendo una stella che ci avrebbe portato a Betlemme.
Giunti a Betlemme, in serata, siamo stati accolti da Suor Gesù che ci ha spiegato qualcosa sull’Hogar e ci ha dato appuntamento al mattino seguente, per iniziare il servizio nella casa. Il primo giorno è iniziato con la celebrazione della Santa Messa proprio lì, dove tutto ha avuto origine, in una grotta, di fronte ad un altare sotto al quale vi è una stella che custodisce la pietra dove era adagiata la mangiatoia di Gesù. Dopo la celebrazione siamo andati all’Hogar, pronti per iniziare.
La giornata del volontario iniziava in lavanderia a lavare e stirare i panni dei bambini, in giardino per curare il verde oppure impegnati in altre necessità della struttura. Alle ore 11:00 salivamo in cucina e trovavamo i bambini ad attenderci. Il primo giorno non abbiamo avuto neppure il tempo di osservare i loro volti e capire le loro problematiche fisiche perchè le suore ci chiedevano una mano per darli da mangiare. Con cura ogni volontario si dedicava ad un bambino, sedendosi vicino alla sua carrozzella. Sembrava che in quel momento tutte le paure e le ansie che avevamo prima di partire fossero scomparse. Con un’inspiegabile naturalezza parlavamo con i bambini, li accarezzavamo e, sotto lo sguardo attento delle suore, li davamo da mangiare. Poi cambiavamo loro il pannolino, li mettevamo il pigiama e li ponevamo nei loro lettini per il riposo pomeridiano. Ricordo ancora quando la suora ci disse: “Ha finito di mangiare? ora cambiagli il pannolino e portalo al letto”. Ai volontari uomini per un attimo si fermava il cuore “Cambiare il pannolino? Non l’ho mai fatto in vita mia…”. Improvvisamente la Madre: “Dai, dai, veloce che ci sono gli altri bambini da far mangiare!”. Con insolita tenacia cambiavamo i pannolini e spinti dal desiderio di aiutare gli altri tornavamo in cucina. Andavamo avanti così fin quando l’ultimo dei piccoli ospiti non era stato messo al letto.
Subito dopo ci sedevamo a tavola con le suore per consumare il pranzo. Il primo giorno noi volontari eravamo particolarmente silenziosi e con gli occhi lucidi. L’impatto con i bambini ci aveva davvero scosso e ci aveva posto delle domande alle quali non riuscivamo a dare risposte.
Il pomeriggio svegliavamo i bambini e dopo averli riposti nelle loro carrozzine o sui materassini, giocavamo con loro, stimolandoli con dei giochi luminosi o dei peluche. Era il momento della giornata in cui eravamo davvero a contatto diretto con i piccoli. Ognuno ci comunicava, a loro modo, qualcosa. In particolare emergeva il loro bisogno di affetto. Ecco che una semplice carezza si trasformava in un sorriso che resterà impresso nei nostri cuori per sempre. Emotivamente era anche il momento più difficile per noi volontari perché capivamo il loro disagio e la loro sofferenza per una malformazione fisica o per una patologia psichica, per le quali non potevamo fare nulla se non provare ad alleviarla con un nostro sorriso.
Dopo cena c’era uno dei momenti più indimenticabili dell’Hogar Ninio Dios: la recita del Santo Rosario con i bambini. Il Rosario più stravagante che avessimo mai pregato perché si svolgeva alla presenza dei piccoli ospiti che facevano un gran baccano. Era come se chiedessero di pregare per loro con tutta la forza ed il vigore in loro possesso.
La giornata del volontario dell’Hogar terminava dopo aver messo i bambini a letto. Stanchi ma allo stesso tempo arricchiti e soddisfatti.
Prima di andare a dormire noi volontari ci ritrovavamo per pregare insieme la Compieta e per un breve momento di condivisione nel quale ciascuno di noi individuava una parola con la quale sintetizzare l’intera giornata trascorsa.
Sono tanti gli spunti di riflessione che ci si pongono al rientro da questa bellissima esperienza ma la cosa certa è che a Betlemme abbiamo legato il cuore, una parte di noi è rimasta lì, vicino a quei bambini bisognosi di affetto e di sentirsi accolti.
Fabio Evangelista